Mostra fotografica VIAGGI E MEMORIE di Daniele Pontiroli

Titolo della mostra: “viaggi e memorie”
Autore: Daniele Pontiroli
Genere: fotografia
Luogo: Casa di Rigoletto – Mantova, Piazza Sordello
Inaugurazione: 24 marzo – ore 18.00
Durata: 24 marzo/22 aprile 2018
Organizzazione: Comune di Mantova – Ufficio Mostre
A cura di: Carlo Micheli
Con la collaborazione di: Alberto Butera
Stampa catalogo: Paolo Etturi – Mantova
Info: 0376.288208
Orari: tutti i giorni 9.00-18.00

Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi.


Daniele Pontiroli è una presenza ormai costante della cronaca giornalistica mantovana. Il suo lavoro di fotografo lo porta a seguire gli eventi, le inaugurazioni, i meeting, spaziando dalla politica all’agricoltura, dallo sport alla cultura. E qui viene spontaneo chiedersi se chi per lavoro deve documentare quanto accade nell’intera provincia, passando da un’auto accartocciata intorno a un palo all’inaugurazione di una palestra, possa mantenere intatto l’amore per la fotografia, quella con la “F” maiuscola, fatta di ricerca, di continui affinamenti del proprio linguaggio, di sperimentazioni. Questa mostra, allestita negli spazi della Casa di Rigoletto, è la risposta più lampante e convincente a questo interrogativo, perché ci offre la possibilità di ripercorrere e apprezzare alcuni passaggi fondamentali della ricerca personale di Daniele. Dagli appunti visivi di una Bretagna sospesa nel tempo, viaggio fisico in una terra d’elezione, alle “non fotografie” degli anni giovanili, alla scoperta dei limiti estremi dei procedimenti di sviluppo e stampa, quello di Pontiroli è sempre e comunque un “viaggio” alla ricerca di sé da intraprendere con curiosità, abbandonandosi allo stupore, con nuovi occhi…
Il Sindaco
Mattia Palazzi

La vita è ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori.
Ciò che vediamo non è ciò che vediamo, ma ciò che siamo.
Fernando Pessoa

La Bretagna come luogo dell’anima, dove osare pensieri di fuga, di abbandono, di non ritorno. Un luogo da scoprire passo dopo passo, aspro e possente come un Calvados di campagna, sferzato e segnato dal vento come il volto di un lupo di mare. In questa atmosfera insieme lirica e selvaggia, Daniele Pontiroli annusa la dolcezza dell’approdo, e il suo sentire, il suo vedere, il suo cercare, sembrano placarsi appagati… Ma è la sensazione di un attimo: il viaggio diviene un interminabile abbraccio, esasperato, dilatato dall’uso dal grandangolo. I luoghi sembrano sottostare alla furia del vento, si sgretolano insieme alle pietre instabili di chiese oltraggiate dal tempo, lasciandosi tentare dalla severità di un bianco e nero fortemente contrastato, cedendo, a volte, pure alle lusinghe del colore. Così amorevolmente interpretata e deformata, la terra di Bretagna si fa, in queste fotografie, terra “pontiroliana”, conquistata, fatta propria attraverso immagini che sfuggono ormai all’oggettività, per scivolare in una dimensione soggettiva quanto surreale, distorcendo per eccesso la realtà fino a lambire l’astrazione. Analogo procedimento adotta Pontiroli in quelle “non-fotografie” apparentemente tanto distanti, che chiudono il catalogo e la mostra. Di fatto, dalla dilatazione esasperata di fotogrammi (o porzioni di essi) martoriati con acidi, bruciature, solarizzazioni, materiali accidentali, complice la stampa a contatto, si ottengono queste immagini astratte o, per meglio dire, sperimentali. Il termine “non-fotografie” appare infatti inadeguato, visto
che a venir meno è solamente l’uso della fotocamera, non quello dei procedimenti di stampa. I risultati sono tanto casuali quanto sorprendenti e gran parte del fascino di queste immagini deriva dalla loro irriproducibilità, dall’impossibilità di ricreare le stesse condizioni che hanno dato vita a questi azzardi estetici. Ma l’idea della dilatazione del reale, fino a ingenerare una totale decontestualizzazione dell’oggetto rappresentato -sia esso un paesaggio, una chiesa o un fotogramma lacerato- è alla radice della ricerca di Pontiroli, sempre e comunque. Se nel caso del viaggio bretone la deformazione grandangolare asseconda ed esaspera gli effetti del vento, l’orizzontalità del paesaggio, la stortura di un muro secolare, in questo viaggio mentale fatto di sperimentazioni estreme è il concetto stesso di realtà ad essere messo in discussione, dal momento che oggetti tangibili, tridimensionali, assolutamente reali e appartenenti alla nostra quotidianità danno vita a immagini del tutto orfane di ciò che le ha generate. Inoltre, a differenza del ciclo bretone, che trasuda compiacimento estetico e amore per i luoghi, queste prove non hanno memoria, non conservano traccia del loro vissuto, pur essendo ricche di fascino ed esteticamente stimolanti.
Carlo Micheli